La storia della vita ha ampiamente rivelato, attraverso molteplici forme di espressione, quanto le profonde leggi che regolano l’armonia universale abbiano stimolato l’animo umano.
Fin dall’antico oracolo Taoista dell’l‐Ching l’essere umano ha istintivamente avvertito un equilibrio perfetto e superiore, anche in ciò che appare totalmente caotico e casuale, cercando di scoprirne le insondabili regole. “È soltanto nelle misteriose equazioni dell’amore che si può trovare ogni ragione logica”, affermò John Nash in occasione del conseguimento del Nobel per l’economia che dedicò alla moglie, nel discorso reso celebre dal film A Beautiful Mind.
Daniela Padelli è riuscita a mutare in forme visibili i rapporti matematici della geometria frattale, espressione delle dinamiche regolatrici di ogni fenomeno. Con la leggerezza di tratti in realtà incisivi e analitici, ogni sua opera è rivelazione di una parte del tutto, un frammento di una dimensione universale ma nel contempo intimista. Un linguaggio che si avvale della capacità di comunicare l’essenza con sensibile ricerca estetica.
Irma Zerboni
Daniela Padelli dice di sé: “Adoro Pollock e amo la matematica”, infatti, l’arte di questa pittrice, non è affatto casuale, ma “è una ricerca attraverso ‐ lei dice ‐ la geometria frattale” che la porta all’astrattismo. Il connubio tra matematica e arte è stato espresso anche dall’incisore Olandese Escher, anche se questi dava vita alla sua arte con forme geometriche.
L’arte di Daniela, quindi, è una profonda ricerca sorretta da cognizioni matematiche che la portano ad uno stile pittorico personale. La pittrice si discosta con coraggio dalla pittura, da lei già usata in passato, prevalentemente paesaggistica, per tuffarsi, ardita e ispirata, nella corrente cosiddetta informale (tendenza pittorica affermatasi all’inizio degli anni ’50 in America con Pollock, e, in Giappone, con il movimento Gutai di Sumi).
La tematica delle opere di Daniela, priva di significati evidenti, è il rifiuto della forma, è surreale, è onirica, è una conquista di libertà. L’artista utilizza colori tenui in una spirale di macchie che si rincorrono senza fine in ritmi circolari, in vortici che sembrano voler uscire dai confini cartacei, talvolta strappati, quasi mutilati, con rabbia e dolore.
Adriana Peregalli